Translate

lunedì 22 settembre 2014

UN RICORDO DI GINO DONÈ, EROE ITALIANO A CUBA. La sua vera storia. Per gli amici che l’hanno sempre stimato.


Gino Doné Paro (San Biagio di Callalta, 18 maggio 1924 – San Donà di Piave, 22 marzo 2008) è stato un partigiano e rivoluzionario italiano, unico europeo ad aver partecipato alla Rivoluzione cubana.
All'anagrafe italiana il nome è "Gino Giacomo Doné", successivamente, sul passaporto italiano compare solamente "Gino Doné" mentre all'anagrafe cubana, dopo il primo matrimonio, verrà registrato come "Gino Doné Paro", prendendo anche il cognome materno, come d'uso nei paesi paesi di lingua spagnola.
Gino Doné Paro nacque in Veneto da una famiglia di poveri braccianti il 18 maggio 1924, nel paesino di Rovarè di San Biagio di Callalta, frazione confinante col territorio comunale di Monastier, in provincia di Treviso.
Dopo le scuole divenne militare, e l'8 settembre 1943, all'annuncio dell'armistizio, si trovava a Pola. Tornato a casa diventò partigiano con la Missione Alleata Nelson operante nell'area della laguna veneziana e alla fine del conflitto ricevette un encomio dal generale Harold Alexander. Nel dopoguerra emigrò a Cuba, partendo da Amburgo e passando dal Canada.

L'EMIGRAZIONE A CUBA.
Nel 1951 trovò lavoro all'Avana come carpentiere per la costruzione della nuova grande Plaza Civica (l'attuale Plaza de la Revolución). In città trascorreva il tempo libero sulle gradinate dell'Università, per affinare la lingua parlando con gli studenti. Fu qui che iniziò a sentire parlare di Fidel Castro e della sua iniziale attività politica universitaria. Nella capitale cubana conobbe anche Ernest Hemingway ed ebbe modo di parlare con lui del proprio territorio di origine perché lo scrittore statunitense aveva dimorato qualche tempo in Veneto durante la stesura del romanzo di là dal fiume e tra gli alberi.
Nel 1952, seguendo la ditta per cui lavorava, Gino si trasferì nella città di Trinidad de Cuba, dove conobbe Norma Turino Guerra, che diventerà poi la sua prima moglie. Norma era amica di Aleida March de la Torre, futura moglie di Ernesto Che Guevara de la Serna. Norma e la sua famiglia simpatizzavano per il Partito Ortodosso Cubano, nel quale era dirigente il neolaureato avvocato Fidel Alejandro Castro Ruz. In quel periodo Fidel era in Messico e stava cercando giovani fidatissimi per arruolarli nel suo nuovo Movimento 26 luglio. Venuto a conoscenza che a Trinidad c'era un giovane italiano che aveva fatto il partigiano in Italia, Fidel lo volle incontrare per proporgli di fare parte della spedizione che egli stava preparando, al fine di liberare Cuba dal dittatore Batista. Tra il 1955 e il 1956, furono numerosi i viaggi di Doné tra Cuba e il Messico, portando soldi e missive, grazie soprattutto al suo passaporto italiano che non generava sospetti alle frontiere. In quanto ex soldato ed ex partigiano, collaborò agli addestramenti militari messicani diretti da Fidel. In quel periodo divenne amico del medico argentino Ernesto Guevara, (da tutti detto "Che", ma da lui sempre chiamato "Ernesto") il quale, racconterà poi Doné, gli confidò che se non avesse incontrato Fidel sarebbe emigrato in Italia per specializzarsi nella cura dell'asma (di cui soffriva) nella prestigiosa facoltà di medicina dell’Università di Bologna. Il 25 novembre 1956 Doné fu tra gli 82 volontari imbarcati sul Granma, che salparono dal porto messicano di Tuxpan per sbarcare nell'Oriente Cubano, a Playas de las Coloradas, praticamente ai piedi del Monte Turquino alto quasi 2000 metri, nell'attuale provincia del Granma. Insieme all'italiano "Gino" c'erano 78 cubani, più l'argentino "Che", più il messicano "Alfonso" e più il dominicano "Ramon". A bordo egli era il più anziano e aveva il grado di Tenente del Terzo Plotone, comandato da Raúl Castro (fratello di Fidel), attuale Presidente di Cuba.

LA RIVOLUZIONE CUBANA,
Subito dopo lo sbarco del 2 dicembre 1956 ai piedi della Sierra Maestra, Donè venne mandato a cercare Che Guevara in preda a un attacco di asma; sapendo come intervenire in quanto sua moglie Norma era asmatica, gli praticò un massaggio e gli salvò la vita[1]. Il 5 dicembre 1956, dopo il primo combattimento ad Alegria de Pio, (e dopo il massacro della metà dei compagni e la dispersione dei sopravvissuti), Donè tornò a Trinidad dalla moglie, clandestinamente; poi raggiunse la vicina città di Santa Clara de Cuba ove con Aleida March de la Torre programmò un attentato nella sede del comandante batistiano della città. Mentre i due stavano per lanciare due bombe nella residenza gremita di persone e di bambini per le festività natalizie, Doné decise di annullare l'attentato dicendo alla compagna: "la rivoluzione si fa contro l'esercito non contro il popolo" (tale episodio è ricordato in un importante libro di memorie della March). Ricercato dalla polizia batistiana, i locali capi del "Movimento 26 Luglio" gli dettero l'ordine scappare salpando da Trinidad, con meta prima Messico e poi Stati Uniti.
Nel 1958, dopo il trionfo della rivoluzione castrista Doné tentò di ritornare a Cuba, ma ebbe problemi con il console cubano di New York al fine di ottenere il permesso di rientro che aveva smarrito. Non riuscendo a rientrare a Cuba, col consenso di Norma, divorziò e si risposò con una amica di Norma: la militante antimperialista portoricana Antonietta De La Cruz, avente cittadinanza statunitense, abitante in Florida, e più vecchia di lui di quasi 20 anni. Nel 1962, nel periodo della cosiddetta crisi dei missili di Cuba, inviò a Cuba una lettera in cui manifestava la volontà di tornare a combattere ma non ricevette risposta[2]. Il segretario di Fidel, il granmista Jesus Sergio Montanè Oropesa, che era uno dei pochi ad essere segretamente in contatto con lui, lo invitò ufficialmente all'Avana, da metà novembre a metà dicembre 1995, in occasione delle celebrazioni per il 39º anniversario dello sbarco del Granma, e qui Doné fu ospitato per un mese in una residenza del Consiglio di Stato cubano. L'anno successivo (alle grandi celebrazioni per l'importante 40º anniversario) fu nuovamente invitato, ma fu costretto a non accettare perché doveva accudire la moglie gravemente ammalata a Miami.

IL RITORNO IN ITALIA.
Nel 2003, dopo avere abitato e lavorato in Florida, doppiamente vedovo e senza figli, decise di ritornare in Italia, in provincia di Venezia, dove vivevano molti suoi parenti. Si iscrisse alla Sezione Anpi di San Donà di Piave e al Circolo Italia-Cuba di Venezia. Qui ritrovò vari compagni antifascisti conosciuti durante la Resistenza nella Laguna Veneziana. Nel frattempo erano stati ricostruiti i dettagli sulla sua movimentata vita, grazie alla ventennale ricerca giornalistica effettuata dal bolognese Gianfranco Ginestri per conto della Fondazione Italiana Ernesto Che Guevara presieduta dall'editore romano Roberto Massari e anche grazie alle ricerche del cubano Arsenio Garcia Davila, storico-granmista. Queste informazioni sono state poi inserite nei faldoni dell'Archivio Storico delle Forze Armate Rivoluzionarie (FAR) che conserva 82 dossier sugli 82 granmisti. Il Primo maggio 2004 Gino partecipò con l'amico Arsenio Garcia Davila alla grande sfilata popolare dell'Avana, durante la quale furono entrambi solennemente decorati. Al suo ritorno fu festeggiato in tutta Italia dall'Anpi, dalla Fondazione Che Guevara e da numerosi circoli dell'Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba. Nel 2005 ritornò alcune volte a Cuba, accompagnato dai co-produttori torinesi del documentario Cuba Libre a lui dedicato, che volevano ripercorrere i luoghi della sua esperienza cubana. In tale filmato (nella parte girata a Bayamo il 26 luglio 2005 durante la commemorazione degli attacchi castristi alle caserme batistiane di Santiago de Cuba e di Bayamo) si vedono Gino e Fidel, entrambi commossi, che si abbracciano e si baciano. Per Donè fu il penultimo dei suoi viaggi a Cuba (ritornò a dicembre dell'anno successivo per la commemorazione del 50º anniversario del desembarco del Granma) e per Fidel fu una delle ultime apparizioni in pubblico prima del suo malore che lo fece dimettere dagli incarichi statali. Nel 2006 e 2007 diversi giornali italiani si occuparono della storia di Gino pubblicando numerosi articoli a lui dedicati[3]. Gino morì improvvisamente in una clinica di San Donà di Piave la sera del 22 marzo 2008, alla vigilia di Pasqua. Al suo funerale (avvenuto a Spinea il 27 marzo, dove fu cremato) parteciparono centinaia di amici e compagni, provenienti da tutta Italia, unitamente ad alcuni funzionari dell'Ambasciata Cubana di Roma che avevano fatto pervenire quattro grandi corone di rose rosse da parte Fidel Castro, di Raul Castro, della Ambasciata Cubana, e dei "granmisti superstiti".
Alcuni ricercatori storici hanno ipotizzato la possibilità che, mentre era lontano da Cuba, Doné fosse stato ingaggiato per svolgere, in giro per il mondo, compiti da agente dei servizi segreti cubani, allora diretti dal comandante Barbarossa amico di Doné (ma attualmente non esistono conferme ufficiali da parte del governo cubano).
In un'intervista al quotidiano Liberazione del 5 ottobre 2006, Doné ha dichiarato che:
« Dal giorno del Desembarco in poi, noi superstiti abbiamo fatto quello che abbiamo potuto, chi in una forma e chi in un'altra. Io che ero straniero ero il più indicato per starmene lontano da Cuba per fare ciò che nella Sierra Maestra non avrei potuto realizzare. C'era bisogno di addestramenti, collegamenti, informazioni, notizie, soldi, armi, e di molte altre cose ancora. Così, chi con armi e chi senza armi ha fatto quello che doveva fare. E anch'io »
Il 10 maggio 2010 il magazine Turisti per Caso ha pubblicato una intervista, fatta da un'italiana con il nickname Vanity176, ad Arsenio Garcia Davila il quale, parlando di Doné, ha dichiarato:
« Egli si adoperò insieme ad un gruppo di persone che lavoravano all'estero a favore della repubblica socialista cubana; Gino ha svolto questo compito per quasi 40 anni; e visse negli Usa servendo sempre la causa rivoluzionaria cubana »

 EMILIO TATASCIORE

Nessun commento: