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martedì 18 agosto 2015

Missionario riminese torna da Cuba malato di dengue

Missionario riminese torna da Cuba malato di Dengue, ricoverato all'Infermi
Il religioso ha iniziato a sentirsi male poco prima di Ferragosto al rientro dal paese caraibico dove svolge la sua missione


 Missionario riminese torna da Cuba malato di Dengue, ricoverato all'Infermi
E' ricoverato nel reparto Infettivi, dove comunque le sue condizioni non destano preoccupazioni nei medici, un missionario riminese 67enne colpito dalla Dengue. Il religioso, tornato a Rimini da Cuba dove svolge la sua missione, alla vigilia di Ferragosto ha iniziato ad accusare una forte febbre e dolori alle articolazioni tanto da dover ricorrere alle cure del pronto soccorsi. I medici dell'Infermi, dopo aver scoperto che il 67enne era tornato recentemente dal paese caraibico, hanno deciso di effettuare alcuni esami specifici scoprendo il virus e facendo così scattare i protocolli del caso. La Dengue si trasmette attraverso la puntura delle zanzare e, in collaborazione con Anthea, è stata effettuata una disinfestazione ambientale nei luoghi dove il missionario si è recato.


fonte  http://www.riminitoday.it
 


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domenica 16 agosto 2015

Mi cuba querida


sabato 15 agosto 2015

Discovery Channel confirma la leyenda del 'Monstruo de Cojimar'

En 1945, seis pescadores embarcaron desde Cojimar para encontrar un supuesto monstruo que se estaba devorando los peces del área, dejando vacías sus redes. Según cuenta la historia, los hombres zarparon al mar teniendo como herramientas solo cuerdas y arpones. Los pescadores lograron enganchar a la criatura que le estaba robando sus peces, pero se enfrascaron en una lucha que duró toda una noche y el próximo día antes de llegar con el 'monstruo' a las costas.
Cuando los pescadores finalmente arrivaron al puerto de Cojimar, los residentes del área se quedaron sorprendidos al ver que la criatura era un tiburón blanco de 21 pies de largo y poco más 7 mil libras de peso.
Hasta el día de hoy la historia del 'Monstruo de Cojimar' había quedado como una leyenda pues la historia no había sido aún confirmarda. Pero 70 años después Discovery Channel confirmó la leyenda, convirtiendo así a 'El Monstruo' el tiburón blanco más grande jamás capturado.
La única evidencia que existe que demuestra que 'El Monstruo de Cojimar' sí existió es una foto en blanco y negro en la que se ve al tiburón gigante y a unos diez niños sentados sobre él.
'El Monstruo de Cojimar', el tiburón blanco más grande jamás capturado.
Pero además de la foto, el equipo de documentalistas logró conversar con un hombre, quien ahora tiene 78 año que estuvo presente el día que los seis pescadores llevaron al increíble tiburón hasta las costas de Cojimar.
El equipo de documentales de Discovery comenzó a trabajar la historia hace dos años y debido al embargo de Estados Unidos que pesa sobre Cuba, la vida marina alrededor de la isla permanece casi inalterada, cosa que estos documentalistas se dieron a la tarea de filmar y hacerlo parte de su trabajo llamado Tiburones: The Sharks of Cuba, esto como parte de sus especiales de la 'Semana de los Tiburones'.
La expedición unió a científicos cubanos y estadounidenses con el objetivo de saber si todavía existen los tiburones 'grandes' en esta área del mundo aún sin explorar. El equipo de cineastas junto con los investigadores realizaron una expedición bajo las aguas de la costa norte y sur de Cuba, incluyendo áreas nunca antes exploradas.

fonte univision

mercoledì 5 agosto 2015

La fiction italiana girata a Cuba e arrivata in tivù con 20 anni di ritardo

La fiction italiana girata a Cuba e arrivata in tivù con 20 anni di ritardo
L’attenzione sull’Isola ha riportato alla luce la miniserie girata da Renzo Badolisani e interpretata da Debora Caprioglio. In questi giorni in onda su Rai Premium 


 Effetti collaterali. Obama dialoga con Castro, apre a Cuba, finisce l’embargo. E dagli archivi Rai riemerge, 20 anni dopo, Isola Margherita, miniserie diretta da Renzo Badolisani, che proprio a Cuba venne girata. Prima e unica produzione italiana di questo tipo, non era mai andata in onda. Rai Premium l’ha programmata nel cuore di quest’estate: il 31 luglio la prima puntata, oggi e domani la terza e quarta puntata (ore 15). Badolisani, allora trentenne, torinese di formazione, autore di un piccolo cult anni 80 come I ragazzi di Torino sognano Tokyo e vanno a Berlino, tra i registi della prima avventurosa stagione di Centrovetrine, parla di “Isola” perduta.

Cosa accadde?
«Bastò che cambiasse il direttore di rete e il responsabile del progetto andasse in pensione. A Rai1 iniziarono a procrastinare, a prendere tempo. Anche la Tiber che lo aveva prodotto chiuse. Così Isola si “perse” nelle teche».

E lei?
«Periodicamente tornavo a perorarne la causa. Oggi Cuba è di moda, riportata d’attualità dalle scelte politiche americane. Sui canali digitali tematici c’è spazio anche per le opere dimenticate. E poiché Rai Premium è nel bouquet di Rai International, Isola Margherita verrà vista nel mondo».

Come mai Cuba?
«Un caso di delocalizzazione ante litteram. Il protagonista era un giornalista coinvolto in pericolose inchieste in America latina. Dovevamo girare in Cile ma all’ultimo si optò per Cuba. Una scelta azzardata che si dimostrò meno problematica del previsto: trovammo maestranze professionali ed entusiaste. Noi italiani eravamo pochissimi: io, i protagonisti Debora Caprioglio e Alberto Gimignani, un paio di incaricati della produzione e poco più. Ma alla realizzazione lavorarono più di 150 persone. Partivamo da zero: restai là per 7 mesi».

Come era Cuba?
«I russi erano andati via e avevano sospeso ogni aiuto. L’embargo americano era duro. L’Avana era un luogo anomalo, fuori dal tempo. La gente era meravigliosa. Per anni ho sperato di trovare un’occasione di lavoro per tornarci».

Debora Caprioglio: altra scelta a rischio. Allora era nota soprattutto per la relazione con Kinski e per Paprika di Brass.
«Era un nome popolare. E stava cercando una svolta alla sua carriera. Subito dopo infatti arrivarono il film con Francesca Archibugi e il teatro. Fu molto disponibile. Ricordo che portò lei i costumi di scena: arrivò carica di bellissimi abiti, tutti firmati».

Parafrasando: lei non è finito a Berlino, bensì a New York.
«Come scrisse Stefano Reggiani su La Stampa, quella di Centovetrine era una realtà produttiva di tipo americano. Finita quell’esperienza, dopo qualche anno a Roma, volendo fare una scelta radicale e temeraria, ho deciso di ripartire da qui. Ho ripreso a dipingere, faccio l’illustratore. E intanto sviluppo nuovi progetti: uno che riguarda Cuba, un altro che è coproduzione italiana con partnership Usa. Ho appena finito il doc Long Lasting Love, sul fotografo Harvey Stein (sto studiando una piccola serie su artisti americani). Ogni tanto mi capita di ripensare agli anni di quel mio film, i primi del Torino Film Festival ancora Torino Giovani: c’era una generazione di giovani registi che cercava di ripensare il cinema. C’è riuscita? Si è persa? Sarebbe bello scriverne in un libricino, dedicarle una retrospettiva. Giusto per non disperderne la memoria».