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giovedì 30 aprile 2009

Prima volta a Cuba…racconto di un’amica




La prima volta che sono andata a Cuba sono partita “impreparata”.
Non sapevo nulla di jineteras, turismo sessuale, meccaniche. Pensavo di andare a vedere il comunismo reale, il mausoleo di Che Guevara, il Paese dove la Rivoluzione ha trionfato ..Una fessa. Una yuma perfetta.

Habana

Habana è la città più bella del mondo perché è unica. Mi sembrava di vivere in un sogno, o in una nuvola.
Già dal primo giorno ho capito il giro del fumo: i callejeros che vivono sui turisti, quelli che ti fanno “da guida”, quelli che “conosco io un buon ristorante”. Eravamo ancora entro le normali norme di sopravvivenza di un paese povero. Tutto regolare. Pensavo che sarei riuscita a destreggiarmi senza problemi.

Trinidad

A Trinidad stavo in una casa particular molto carina. Dividevo la stanza con l’amico di un mio amico, italiano, per risparmiare un po’ di soldi. Un giorno siamo stati tutto il pomeriggio nel patio con i padroni di casa, una selezione di parenti e numerosissime bottiglie di aguardiente.
Quando siamo andati al paladar per cena ero sbronza come un savoiardo.

Jesùs

Ci sediamo, ordiniamo da mangiare, mi ricordo improvvisamente che avevo promesso a due ragazze cubane di portar loro dei vestiti. Ero arrivata da poco: mantenevo le promesse, ero puntuale, e non avevo idea di come arrivare al luogo dell’appuntamento.
Chiedo al dueno del paladar, che gentilmente mi fa accompagnare dal cameriere, Jesùs: l’uomo più bello che io abbia mai visto. Snello, mulatto, scultoreo, sensuale, insomma .. al di là di ogni descrizione. Ero abbacinata.
Al primo (dico: il primo!) angolo mi salta addosso, un turbine di lingua mani gambe alito profumato muscoli. In mezzo alla strada, dio mio!
Molto ma davvero molto a malincuore lo allontano: le ragazze che aspettano in piazza, il mio amico che mi aspetta a tavola, la gente che passa … niente da fare, non me la sento.

Passavo per caso

Il giorno dopo il mio amico torna all’Habana. Resto sola, con una piantina di Trinidad. Che studio accuratamente per ore. Poi esco a fare una passeggiata. E “passo per caso” davanti al paladar della sera precedente. Lui è là, seduto per strada, più bello del sole. Non dice una parola: sorridendo mi prende per mano e mi porta in casa.

La casa

Ingresso ampio con televisore, divanetti, sedie a dondolo. Nonché: 3 e 4 bambini schiamazzanti, una nonna che lavora a maglia, uomini e donne di varie età intenti al domino, alle chiacchiere, alla televisione. Nessuno mi presta attenzione, ma io attraverso l’ingresso comunque in punta dei piedi, con un sorrisetto ebete e cercando di non guardare nessuno in faccia. Ero imbarazzatissima.
Camera da letto: piccola, mobili abbastanza brutti, finestre chiuse da persiane, luce del sole che filtra dalla strada, un letto.
Primo trauma: il copriletto è rosa shocking, catarinfrangente, quasi di plastica, con enormi fiocchi, balze e volant: mostruoso. Grazie al cielo finisce subito per terra.
Sempre in silenzio.
Jesùs mi bacia come nessuno mi ha mai baciata prima, dio come bacia bene! E mi toglie i vestiti, uno per uno, piano, dolcemente.
Secondo trauma: Jesùs si abbassa i pantaloni. Non riesco a fare a meno di pensare: “Quella roba LI’ dovrebbe entrare QUI???”. Non mi avevano ancora spiegato le connessioni sangue misto/dimensioni arnese. Quasi mi spavento.

Poi

Poi faccio il sesso più bello della mia vita.
E mentre sono lì che sbuffo e sbanfo penso a come diavolo sono finita a letto con l’uomo più bello del mondo, in una casa sconosciuta dove potrebbero tranquillamente darmi una toppata in testa. Cioè, parliamone! Io a letto con uno sconosciuto!
Avevamo finito. Io ero sfinita, lui era sereno e sorridente e ancora leccava, baciava, accarezzava, quando bussano alla porta: a stento sono riuscita a non saltare giù dal letto per nascondermi sotto il letto medesimo: la situazione continuava a sembrarmi irreale ed assurda.
Jesùs apre uno spiraglio, bisbiglia, rientra, si riveste e senza una parola se ne va: mi molla lì, nuda, con le gambe ancora tremolanti e il resto del corpo altrettanto fuori registro, senza una spiegazione, nella casa sconosciuta coi copriletti agghiaccianti!

La fuga

Mi rivesto, socchiudo la porta, niente a destra, niente a sinistra. Con passettini da Pantera Rosa raggiungo l’ingresso, miracolosamente deserto: c’è solo la nonna sulla sedia a dondolo che lavora a maglia.
Spero di essere invisibile: attraverso l’ingresso a passo disinvolto, verso la porta, la salvezza, il mondo normale dove non esistono uomini bellissimi che scopano donne bruttine su letti con copriletti allucinanti.
Sto per superare la postazione della nonna. Che alza la testa. Mi sorride. Mi caccia una gomitata nelle costole e strizzando l’occhio mi chiede: “Te gustò?”

Epilogo

Sono scappata dalla casa. Da Trinidad. Bruciavo di vergogna. Ma sono matti, in questo paese? Ti scopano così come niente, spariscono senza un minimo di preavviso, E LE NONNE SONO CONNIVENTI! Oh mio dio che cosa ho fatto!

Poi .. poi ho continuato ad andare avanti, girando tutta Cuba.
Il resto è storia.

By Paola Alda

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