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lunedì 1 giugno 2009

Orizzonti con confini


Come tutte le mattine Miguelito si alza presto. Si alza piano per non disturbare la sua vecchia madre malata, evita di accende l’unica lampadina della casa, si veste al buio con i vestiti di sempre…una sorta di divisa civile composta da una camicia azzurrina imbiancata e consunta dal sudore, un pantalone verde che non ricorda momenti migliori, un paio di calze grigie infittite da molti rammendi ed un paio di scarpe in cuoio che a dispetto del tempo continuano a resistergli.
La sua casa e composta da un unico vano; è cucina, camera da letto, ripostiglio degli attrezzi, quel che c’è basta…o meglio Miguelito se lo fa bastare.
Miguelito scalda una scodella di latte munto la sera prima e si prepara la colazione di sempre; pane e latte.
Si siede al buio ed osserva la sua povera mamma sdraiata di lato sul letto. Oramai la sua mamma lo sa, poco prima che Miguelito smette di russare, segno che a momenti si sveglierà, lei si gira di lato per non vedere quel suo triste figlio fare quella solitaria colazione…non saprebbe cosa chiedergli e Miguelito non saprebbe cosa rispondere alla sua mamma. Il tempo ha sbiadito i colori e dissipato le parole ad entrambi.
Miguelito, come in un rituale, rompe dei pezzetti di pane con le mani e li immerge nel latte fumante, tende l’orecchio verso la strada ed ascolta il ticchettio di passi lontani. Miguelito tra un boccone e l’altro da vita a quei passi, li immagina dispettosi solcare l’asfalto accidentato di Campo dandogli un nome ed una persona. Immagina quella melodia di tacchi suonati dalle scarpe rosse di Rachele, immagina le sue gambe lunghissime e sode, i suoi glutei che si muovono ritmicamente eseguendo una danza a lui sconosciuta e lasciandolo in preda a forti sudorazioni ed in preda alla sensazione di cadere nell’immenso vuoto ,e cadendo, la testa gli gira vorticosamente dandogli scosse di piacere che lui interpreta come un dolce electroshock. Immagina i suoi fianchi stretti cinti da una gonna cortissima, i suoi capelli ricci e scuri gli coprono le spalle muovendosi come le erbe abbondanti mosse leggermente dal vento. Miguelito prova a chiudere gli occhi ed immaginare l’odore di lei. Il suo odore è profondo come le luci dell’alba; intenso come l’arancio in fiore e fresco come un bagno nel fiume. Miguelito si desta e riapre gli occhi ad antichi suoni di catene e immagina Rachele che chiude il suo uscio di casa dopo una notte passata con i turisti della vicina località marittima. Rachele è il suo desiderio, il frutto proibito, il sogno insonne…Rachele è una splendida mulata che da sempre fa la jinetera. Rachele, con quel catenaccio, tutte le mattine chiude i sogni impossibili di Miguelito.
Piano, Miguelito si alza è va a risciacquare il vecchio tegamino nel rubinetto della cisterna esterna, lo appende al muro vicino alla cucina a gas, scuote il vecchio panno pieno di briciole nel pollaio svegliando le assonnate galline. Raccoglie l’unico uovo che trova nel pollaio, lo lava con cura e lo mette in evidenza sopra la tavola in modo che la sua anziana madre lo trovi al suo risveglio.
Miguelito riempie una bottiglia di acqua dalla cisterna, la mette nel suo bolsillo e si porta verso la strada. Il cielo è tempestato da splendide stelle; Miguelito alza gli occhi ed annusa quell’aria fresca ed incontaminata del mattino, fa il gesto di afferrare un stella ma vergognoso la ritira subito pensando che è un gesto stupido, infantile ed assurdo per un uomo di oltre 50anni…nessuna stella splenderà mai per lui e tantomeno nessuna stella da lui si farà toccare.
Si avvia verso la campagna dormiente, stessa eterna strada…la potrebbe percorrere ad occhi chiusi tanto arriverebbe lo stesso. Miguelito pensa a se come ad un asino; gli indichi la via o le fatiche da fare e lui le esegue…basta non frustarlo e lui le esegue.
Spesso Miguelito si ritrova a pensare a se stesso come ad un animale, si chiede se è il troppo tempo che passa con loro oppure il troppo rispetto che a per loro ad indurlo a questi accostamenti o forse ne l’uno ne l’altro ed è solo che non ha niente di meglio a cui rivolgere i propri pensieri.
Miguelito, da sempre, lavora la terra ed è legato alla terra come una radice di un albero. Nella terra trova il suo sostentamento, la sua tenerezza, l’allegria, la tristezza, la passione, la solitudine.
Miguelito è arrivato al cancello della grossa azienda e si prepara per la prima mungitura delle mucche.
Per lui quelle mucche sono come le migliori amiche; le chiama per nome: Señora è la bruna altezzosa ma che gli da tanto latte; Matanzera, la più affabile che mentre la munge si gira e gli morde la gorrita; Engañadora, la più spigolosa, e se non fa attenzione gli butta via a calci il recipiente del latte…infatti Miguelito è la prima che sottopone alla mungitura.
A molte di loro le ha aiutate a partorire, ad alzarsi dopo la debolezza del parto ed a riprendere la strada della fattoria.
In Miguelito sembrano avere una sorta di eterna ed umana riconoscenza.
Questa è la vita di Miguelito. Un uomo che non vedeva l’ora di essere adulto per proseguire il lavoro che suo padre faceva ed a sua volta era il mestiere del nonno. Un uomo che sentiva la scuola asfissiante, priva di colori, mura troppo grigie e troppo strette per contenere la sua voglia di campagna.
Mungitura, liberare le bestie al pascolo, pulizie dei locali e poi attendere alle faccende dell’azienda agricola… in consueta successione giorno dopo giorno sino a che la forza lo garantirà. Vivendo di forza propria, non guardando in altrui orizzonti e mettendo ai propri i suoi confini.
Conobbi quest’uomo mentre una mattina mi facevo la barba a “lo cubano“. Mi osservava timidamente senza invadere i miei spazzi. Era di una timidezza pura e disarmante e quindi cercai di addentrarmi nel suo terreno “bestiame, mungiture ecc”. Alla fine gli regalai un ottima lametta da barba con l’assicurazione che “con quella avrebbe fatto stragi di cuori ed avrebbe fatto cadere ai suoi piedi qualsiasi straniera incontrata per la via". Conscio della burla egli mi regalò un sorriso senza denti…e per me fù ed è il più bel regalo da parte di Miguelito.

En Campo Florido, Noviembre 2008

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